La chiesa di S.Paolo, che è la chiesa più antica di Poggio Mirteto, risale al XIII secolo.
La facciata è molto semplice: l’unico abbellimento è il portale in pietra locale scalpellinata e, in alto, sopra la porta, un modesto rosone, pure in pietra scalpellinata.
Grazioso e snello è il campanile senza campane, posto a metà della chiesa sul lato destro, ornato di agili monofore e bifore.
S.Paolo è’ stata la prima chiesa parrocchiale di Poggio Mirteto ed è sempre stata considerata chiesa cimiteriale. Quando lo spazio interno non fu più sufficiente per accogliere i morti, le fu aggiunto accanto un camposanto, nel luogo dove attualmente è il Parco S. Paolo.
L’apertura dell’attuale cimitero nel 1888 segnò la decadenza della chiesa, che fu progressivamente trascurata e quasi abbandonata.
All’interno della chiesa, sopra la porta d’ingresso, c’è un medaglione, che ci fa sapere che questa prima chiesa parrocchiale fu restaurata a spese della popolazione nel 1749.
La chiesa aveva tutte le pareti affrescate, che il tempo e l’umidità hanno notevolmente rovinato.
Sono di grande interesse alcuni affreschi restaurati.
Guardiamo l’abside dietro l’altare
Nella parte alta:
Gesù incorona sua madre, la vergine Maria, in mezzo ad uno stuolo festoso di angeli. I volti di Gesù e di Maria sono espressivi e ben conservati a differenza delle altre figure, che sono state rovinate da colpi di martellina.
Interessanti gli angeli, che suonano strumenti musicali dell’epoca: un tamburello, due flauti e quattro strumenti a corda: una cetra, una chitarra, un liuto, un violino.
Nella parte bassa:
Conversione di Saulo o Paolo.
Saulo, caduto a terra insieme al cavallo, vede in alto Gesù, che gli parla.
E’ l’inizio della sua conversione. Saulo è accompagnato da quattro soldati, due a cavallo e due a piedi.
Sul lato sinistro, vicino l’arco, si legge, attualmente solo in parte, la data degli affreschi: 1521.
Alcuni attribuiscono gli affreschi dell’abside ai fratelli Torresani, che, provenienti da Verona, lavoravano in quel periodo in zona.
Ai lati dell’affresco sono raffigurati S. Pietro con le chiavi e S. Paolo con la spada.
La composizione unisce in modo armonioso concetto e realizzazione pittorica: in alto viene rappresentata l’incoronazione della Vergine, che invita alla contemplazione delle realtà celesti, in basso sono espressi il movimento e la drammaticità della vita terrena. Ai colori tenui dell’Incoronazione della Vergine si contrappongono i colori forti della scena della conversione di Saulo.
Guardiamo la parete in fondo alla chiesa sulla sinistra di chi entra.
Nella parte alta:
Raffigurazione del Cavaliere Coronato.
Sontuosamente vestito, il Cavaliere Coronato porta la mano sinistra sul mento in atteggiamento di meditazione: ha davanti un cadavere in tre stadi di progressiva decomposizione. Il cadavere ha sul capo la corona, che si stacca dalla testa e poi dal cranio fino a cadere sulla nuda terra.
Da notare la testa troppo piccola del cavallo, che, se fosse stata proporzionata alle zampe, avrebbe dovuto occupare parte del riquadro accanto.
Il pittore si è divertito nella rifinitura della coda inanellata del cavallo.
Ci viene quasi da pensare che un cavallo con tali proporzioni e con una simile coda può essere solo l’espressione tipica di uno spirito infantile e libero.
La realizzazione di questo affresco è precedente a quello sottostante della Deposizione di Gesù nel sepolcro.
E’ interessante la riflessione che fa il Cavaliere Coronato.
Le parole, leggermente sporgenti sull’affresco, sono scritte nel dialetto sabino con caratteri disuguali e piuttosto rozzi. Lo spazio, compreso tra le zampe del cavallo, non sembra diviso bene per le parole che contiene. E’ come se l’autore della riflessione abbia iniziato a scrivere accontentandosi di valutare a colpo d’occhio il rapporto tra lo spazio a disposizione e le parole da inserire … e non ci sia riuscito bene.
Le parole riportate sono quelle in parte copiate e in parte interpretate alla fine del 1800 dal prof. Monaci.
Molte di esse sono attualmente illeggibili:
LA VITA La vita mi rende pensoso oppure “m’è
ME SCURA. LA scura”: non so cosa mi riserva.
MO(R)TE DURA. La morte è dura, difficile da accettare.
P(ER)DUTU AIORISU Perduto ho riso
E GIOIA. JOCU ET ALE e gioia. Gioco e allegria.
GRETIA. NOMEVO Non mi attirano.
GLIA. NOMECOSEGLI Non consigliatemi
ATE COSA KE SI FALAC cosa che sia ingannevole
E CA DEU MESORE (“c’a Deu me so renutu”) ché a Dio
sono ritornato oppure (“c’a Deu mé (meu)
so renutu”) ché al Dio mio sono ritornato
MUTU CALIO P(E)TUTU (ca) come gli ho chiesto, perché gliel’ho chiesto
Si è notato che il testo può essere disposto a rime baciate. Le parole aggiunte tra parentesi e in minuscolo non hanno evidentemente nessuna pretesa di correzione. Non è fuori posto comunque supporre che con il passar dei secoli
“i testi dei dipinti siano stati soggetti, ancor più delle immagini, a deterioramenti e a successive, spesso erronee, riscritture”.
LA VITA ME SCURA.
LA MO(R)TE DURA.
P(ER)DUTU AIO RISU E GIOIA.
JOCU ET ALEGRETIA. NO MEVOGLIA. (m’envoia)
NO ME COSEGLIATE
COSA KE SI FALACE (cose ke si errate)
CA DEU ME SO REMUTU (renutu)
CA LI O P(E)TUTU.
N.B. PERDUTU AIO: forma dialettale sabina: ho perso.
SO RENUTU: forma dialettale sabina. So revenutu o renutu: sono ritornato.
LI O P(E)TUTU: forma dialettale sabina: Gli ho chiesto.
Le parole scritte sul riquadro al di sopra del cadavere nei tre stadi di decomposizione restano ancora misteriose.
Nella parte bassa:
La deposizione di Gesù nel sepolcro.
Sono presenti Gesù, con il volto sereno di chi dorme, la Madre, che abbraccia teneramente la testa del Figlio, Maria di Magdala con i lunghi capelli, Maria di Giacomo e Salome, con un vasetto ciascuna di oli profumati, Giovanni, il più giovane degli apostoli, e Nicodemo, che aveva procurato la tomba e il lenzuolo per avvolgere il corpo di Gesù. La composizione e lo stile assomigliano molto alle maniere di Giotto, manca però l’emozione dei volti, che sembrano impassibili. Il dipinto è probabilmente del XV secolo.
Restauro dell’arco trionfale sopra l’altare, concluso a fine marzo 2007
I due personaggi, che dominano la scena a destra e a sinistra, e le scritte in latino, che il restauro ha evidenziato con un paziente lavoro di recupero, sono uno splendido commento all’incoronazione della Vergine. Non c’è nulla, invece, che riguardi la conversione di S. Paolo, benché la chiesa sia dedicata a lui.
Il re Salomone, sulla sinistra, nell’atteggiamento solenne di chi scrive e il profeta Isaia sulla destra, che con la mano levata sembra proiettato verso il futuro, rappresentano l’Antico Testamento, che tesse le lodi di Maria, madre di Gesù.
SALOMONE (sulla sinistra)
1. Tota pulchra es, amica mea, et macula non est in te (Cant.4,7)
Veni de Libano, sponsa mea (Cant.4,8)
Sei bellissima, o amica mia, e in te non si trova alcuna imperfezione.
Vieni dal Libano, o mia sposa.
2. Veni de Libano, veni, coronaberis (Cant.4,8)
Vieni dal Libano, vieni, sarai incoronata.
Sono espressioni di ammirazione tratte dal Cantico dei Cantici, attribuito al re Salomone. E’ il canto dell’amato per la sua amata, che contiene appassionate espressioni di tenero amore: l’amata, perfetta nel corpo e nell’animo, è invitata con insistenza a venire dal Libano per essere incoronata. “Sarai incoronata”, che è nel testo della Volgata di S. Girolamo e non nella revisione critica più recente, è un evidente riferimento all’incoronazione della Vergine, che troviamo nella parte superiore dell’abside.
Al centro dell’arco trionfale
Surge dilecta Mater ut mecum coronata pergas in celestibus.
Sorgi (Svegliati), o Madre amata, perché, incoronata, insieme a me raggiunga la gloria celeste.
Questa scritta al centro dell’arco non è una citazione della Scrittura, manca infatti l’indicazione del libro e l’autore, ma un evidente commento riassuntivo dei testi riportati dell’Antico Testamento. Possiamo immaginare che siano le parole dette da Gesù nell’atto di incoronare sua madre.
ISAIA (sulla destra)
Et requiescet super eam Spiritus Domini (Isaia 11,2)
E riposerà su di lei lo Spirito del Signore.
Et egredietur virga de radice Iesse et flos de radice eius ascendet
(Isaia 11,1)
E uscirà dalla radice di Iesse un germoglio e un fiore spunterà dalla sua radice.
Il profeta Isaia è considerato dalla chiesa il profeta che più di ogni altro ha parlato del Messia che sarebbe venuto, e di una donna particolare, che gli avrebbe dato la vita. “E uscirà dalla radice di Iesse un germoglio e un fiore spunterà dalla sua radice (11,1).” Il versetto, che nel testo fa riferimento diretto al Messia, discendente del re Davide, figlio di Iesse, è qui applicato a Maria, che darà la vita a Gesù. Il riferimento alla Madonna continua nell’altro versetto, dove il profeta dice: “E riposerà su di lei ( invece che “su di lui”) lo Spirito del Signore (11,2)”. Del resto non è Isaia a predire al re Acaz: “Ecco: la Vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele” (7,14)?
Restauro delle pitture a destra e a sinistra di chi entra in chiesa, realizzato dal giugno all’ottobre del 2008.
Le due cappelle sulla destra sono dedicate la prima all’ Immacolata Concezione e la seconda alla Beata Vergine. La volta della prima cappella ha il Cristo e i simboli di tre Evangelisti, la Veronica e S. Sebastiano, colpito dalle frecce di un soldato.
In basso sulla sinistra la bella figura di S. Caterina di Alessandria e sulla parete d’angolo S. Ansano e S. Sebastiano. Il restauro ha messo bene in evidenza le figure, che la polvere e il tempo lasciavano intravedere a mala pena.
Le pareti del lato sinistro presentano una moltiplicità di immagini di santi. Più volte c’è l’immagine della Madonna: Madonna in trono conSanti accanto, l’Incoronazione della Verginela Madonna del latte, l’Annunciazione. Alcuni Santi riconoscibili: S. Giovanni Battista, S. Pietro,
S. Paolo, S. Caterina da Siena, S. Anatolia. Più immagini del Cristo.
Sulla seconda finestra, in alto, è raccontata in tre quadri la storia dei Bianchi. 1. L’apparizione di Gesù ad un contadino; 2. la Madonna, vestita di bianco, che intercede e chiede al contadino di organizzare processioni di penitenza e di riparazione per nove giorni; 3. la Madonna appare ad un bambino di Assisi sopra un olivo e chiede di continuare a far penitenza per altri sette giorni..
La storia dei Bianchi con le processioni di penitenza in abiti bianchi per riparare i troppi peccati degli uomini coincise con la peste, che devastò l’Europa nel 1399.
Restauro del lato sinistro della controfacciata (settembre-ottobre 2009).
Annunciazione, figura di santa, due piccole immagini di committenti.