Gli occhi, il cuore, la fede…

Gli occhi, il cuore, la fede…

Omelia del parroco per il 50° di consacrazione della chiesa di Poggio Mirteto Scalo

23 aprile 2017

 

«Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto», dice Gesù nel vangelo; e alle sue parole fanno eco quelle di san Pietro, che nella seconda lettura dice: «Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui»; do’ per scontato che a nessuno di noi sia apparso Gesù risorto…, dunque quelle parole sono per noi, parlano di noi, di ciascuno di noi. Ma per comprendere meglio facciamo un passo indietro, e torniamo al momento in cui Gesù Risorto appare ai suoi, prima alle donne e poi più volte ai suoi cari apostoli; perché è da lì che è partito l’annuncio della fede, ed è per quella stessa fede che cinquant’anni fa è stata consacrata questa chiesa, ed è quella stessa fede che noi oggi viviamo; dobbiamo trovare il nostro legame con quell’evento se non vogliamo perdere la nostra fede.

E i racconti della pasqua, quelli che ascolteremo per tutto il tempo di pasqua, che ci accompagnerà fino al 4 giugno, ci offrono tre punti di vista, tre esperienze.

La prima è l’esperienza degli occhi, ed è quella degli Apostoli: lo hanno visto! E di questo loro sono testimoni; il loro annuncio è semplice: quello che è veramente morto, è lo stesso che è veramente risorto. Eppure questo non è bastato, non è stato questo a cambiare la loro vita. Hanno visto tanti miracoli compiuti da Gesù, hanno visto Gesù risorto, ma ogni volta hanno fatto fatica a credere; e comunque, la loro esperienza noi non la possiamo condividere; a meno che – ripeto – a qualcuno di voi non sia apparso Gesù risorto…

La seconda è l’esperienza del cuore, ed è quella delle donne: lo hanno amato! Loro hanno seguito Gesù, loro sono state sotto la croce, loro sono state a vedere dove lo seppellivano, loro sono andate al sepolcro, loro lo hanno visto per prime. Poi però improvvisamente di loro si perde traccia. Il loro amore che è nato dagli occhi, perché hanno visto Gesù, lo hanno visto morto, lo hanno visto sepolto, lo hanno visto risorto…, quando non lo vedono più, quell’amore sembra svanire e di loro non si sa più niente; e anche la loro esperienza noi non la possiamo condividere, infatti non amiamo Gesù perché lo abbiamo visto.

Cosa allora ci lega a quell’evento e a quelle persone?

La terza esperienza, che è quella della fede, quella di tutti coloro che hanno creduto a quell’annuncio; è la nostra esperienza, è la nostra fede. Ma c’è molto di più che ci fa essere una cosa sola con gli Apostoli e con quelle donne. Sempre dando per scontato che a nessuno di noi sia apparso Gesù risorto, noi abbiamo creduto, perché chi ci ha annunciato il vangelo, ai nostri occhi era credibile, la sua vita era coerente con ciò che diceva. E se torniamo indietro, nella catena di tutti coloro che hanno creduto, fino agli Apostoli e alle Donne, ci accorgiamo che la loro vita è cambiata. Perché la loro vita è cambiata? Perché può cambiare la nostra? Cosa ci fa essere una cosa sola con loro? Perché lo hanno visto? No! Altrimenti noi non possiamo! Perché lo hanno visto e amato? No! Altrimenti noi non possiamo! Perché allora? Per il dono dello Spirito Santo! Questo ha cambiato la loro vita! questo li ha fatto diventare credibili, questo ci lega a loro. Lo stesso Spirito Santo che ha resuscitato Gesù, lo stesso Spirito Santo che è sceso sugli Apostoli, lo stesso Spirito Santo che ha santificato il grembo di Maria, lo stesso Spirito Santo che cambia il pane e il vino nel Corpo e Sangue di Gesù…, è lo stesso Spirito Santo che noi ci portiamo dentro.

Noi oggi non festeggiamo le mura consacrate di questa chiesa, ma festeggiamo il luogo che da cinquant’anni, – il primo giorno della settimana, proprio come gli Apostoli, quel giorno che da allora si chiama domenica, – raduna tutti i consacrati. Noi festeggiamo noi stessi. Ora sono più chiare quelle parole: «Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto», «Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui».

Portiamo sempre nel cuore tutti coloro che ci hanno preceduto nella fede, che ce l’hanno trasmessa, che hanno creato questo luogo, che lo custodiscono oggi, fino all’ultimo, il caro don Giuseppe.

E ora, nell’eucarestia, proprio come san Tommaso, noi possiamo vedere e toccare il Signore Risorto, e nel nostro cuore gli diciamo: “Mio Signore e mio Dio”.

Eccovi, eccomi, rieccomi. – Omelia per le Prime Comunioni del 7 Maggio 2017

Eccovi, eccomi, rieccoci
Omelia del parroco per la messa di prima comunione (7 maggio 2017)

 

Cari bimbi, eccovi qui, siete arrivati a questo appuntamento per il quale vi state preparando da tanto tempo, insieme alle vostre famiglie, e aiutati da chi vi ha accompagnato; oggi, finalmente, potete dire a Gesù eccomi; e come due innamorati che si vanno incontro a braccia tese nel desiderio di abbracciarsi e non lasciarsi più…, così oggi voi andate incontro a Gesù con le braccia del cuore belle tese, pronte per un abbraccio; e in quell’abbraccio c’è tutto l’amore di Gesù per ciascuno di voi; Lui, che come abbiamo ascoltato nel vangelo, vi conosce, vi chiama per nome.

Voi non potete saperlo, ma “eccomi” è una bellissima parola; significa “io sono pronto, sto qui per te”. Gesù è stato il primo a dire “eccomi”, sto qui per te; lo ha detto quando si è fatto come noi; quando Dio si è fatto come noi, anzi, come voi…, si è fatto piccolo, si è fatto bambino; e non potete sapere neanche che prima di me…, prima di don Giuseppe al quale mandiamo un saluto verso il cielo, e lui certamente vi guarda dal cielo…, prima ancora di don Franco…, qui c’era un altro signore, che si chiamava anche lui don Giuseppe, e quando rispondeva al telefono, o quando lo chiamavi, diceva sempre “eccomi”, e voleva dire “sono pronto, sto qui per te”; ed è bello che oggi, Gesù a voi, e voi a Gesù, potete dirvi “eccomi”.

Ma c’è una cosa ancora più bella: da oggi, ogni volta potete dire a Gesù quell’eccomi; ogni domenica potete dire “ri-eccomi”. Tutti noi che siamo qui, quel primo eccomi a Gesù lo abbiamo già detto, ora ogni volta gli possiamo dire rieccoci; e così voi, già da domenica prossima, potete dire a Gesù “rieccomi”; e quando si vuole bene a qualcuno, più bello di poter dire eccomi, c’è solo poter dire rieccomi. Pensate a Gesù, che dopo la resurrezione, è andato incontro ai suoi cari, e gli ha detto rieccomi…, quanto amore ci può essere in quella parola.

Per cui oggi vi facciamo gli auguri per il vostro eccomi, ma non siamo così sciocchi da privarci della gioia più grande di poter dire ogni domenica il nostro rieccoci.