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L’essenza di una Pasqua “senza”…

Carissimi,
siamo arrivati finalmente alla Pasqua, e a tutti – anche a nome del nostro vescovo –
rivolgo i più affettuosi auguri per una festa santa e serena. Siamo tutti consapevoli della
triste straordinarietà di questa Pasqua, che ci costringe a casa, accompagnati dalle incertezze e dalle paure per i prossimi giorni.
Se dovessi definire questa Pasqua con una parola, la chiamerei la Pasqua “senza”: una
Pasqua senza una degna quaresima, introdotta da una Domenica delle Palme senza
palme, un Giovedì Santo senza lavanda dei piedi e senza adorazione del Santissimo
Sacramento, un Venerdì Santo senza adorazione della croce, un Sabato Santo senza
veglia, una domenica senza celebrazione, e persino una Pasqua senza pasquetta e senza
l’antico detto “Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi”; e speriamo che l’elenco dei
senza si concluda in fretta. Fortunatamente, almeno da noi, si è evitata la lunga lista dei
cari defunti: una serie infinita di senza i propri cari che in molti paesi e città ha colpito
duramente, generando una vera e propria Via Crucis per tante persone. E non scordiamo il senza certezze per il domani.
Eppure, non dobbiamo dimenticare che tutto è iniziato con un altro senza: un sepolcro
senza un cadavere! Quando all’alba del primo giorno della settimana, quel giorno che
da allora noi chiamiamo “domenica” (il giorno del Signore), le donne vanno al sepolcro
per onorare il caro defunto, lo trovano vuoto; e da qui la naturale e immediata conseguenza: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove lo hanno posto!» (Gv, 20,2); a tutte quelle persone che non hanno neanche potuto piangere i loro
cari, mi verrebbe da dire: “Coraggio! Maria di Màgdala piange con voi!”. Ci ricordiamo come prosegue il racconto, e con quanta tenerezza Gesù si fa accanto a chi soffre: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?» (Gv 20, 15). Preghiamo perché questa sofferenza ci aiuti ad affinare in meglio i nostri sensi, i nostri desideri, e la nostra ricerca:
«La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con
cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra
come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra
vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini
apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei
nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità. Con la tempesta,
è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della
propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune
alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli» (Papa Francesco 27 marzo).
Maria ha bisogno di essere chiamata per nome da Gesù, per poterlo riconoscere. In quel
nome c’è la vera essenza della Pasqua: Gesù non ha vinto il peccato e la morte e basta,
ma lo ha fatto per me, per tutti noi, ha regalato a noi questa sua vittoria. Se chiudiamo
gli occhi per un istante e ci raccogliamo in preghiera, non possiamo non sentir pronunciare con infinito amore il nostro nome, nessuno escluso: Gesù ci chiama per darci tutto
sé stesso e tutta la sua divina vittoria; e non c’è senza che tenga se Gesù ci riempie
della sua essenza.
Buona Pasqua!
P.S. Se oggi possiamo augurarci buona Pasqua lo dobbiamo a chi con diligenza e non
senza sacrificio ha osservato le indicazioni governative, ai tanti volontari, a chi ha
gestito sul territorio l’attuale emergenza, a tutti coloro che si sono spesi per il prossimo. Grazie a tutti!

don Mauro