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Lettera di don Mauro per la Settimana Santa.

5 aprile «Farò la Pasqua da te…» (Mt 26, 18)
Carissimi,
con questa Domenica delle Palme, anzi senza palme, iniziamo questa Settimana Santa. Come avremo modo di ricordarci – speriamo – domenica prossima, anche il senza può avere un senso.
Come già scrivevo il 22 marzo, mai come quest’anno si realizzano quelle parole di Gesù con le quali inizia il lungo discorso sulla Passione secondo Matteo che avremmo dovuto ascoltare oggi, quando dice: «Farò la Pasqua da te…». Quest’anno la Pasqua e questa Settimana Santa si celebrano a casa! Quello che a noi sembra così strano, in verità segna un nuovo inizio. Infatti, nei tempi antichi, così si celebrava la Pasqua: in casa! quando il popolo di Dio era in esilio in terra straniera «ha imparato a vivere la celebrazione della Pasqua nella ritualità familiare, e così a noi è chiesto di imparare a cele-brare a casa» (vescovo di Rieti, 25 aprile); ci sarà di aiuto il sussidio che la Diocesi ha preparato (reperibile sul sito www.diocesisabina.it), come anche il continuo prezioso servizio della Pastorale Giovanile con le celebrazioni in streaming, senza dimenticare la costante amorevole presenza di Papa Francesco. Da questo esilio nel quale ci troviamo ripartiremo per una nuova rinascita e una vera e propria resurrezione che ci attende.
Ho letto e riletto il racconto della Passione secondo Matteo di questa domenica, per cercare cosa mettere in evidenza, ma è ovviamente impossibile separare un singolo evento dall’altro; ci conviene leggerla con amore e pazienza, magari guardando il crocifisso, e con un rinnovato stupore dire: «Gra-zie Gesù, lo hai fatto per me! perché mi ami!»; e se ora ci mancano le espressioni più elementari dell’amore, come un bacio o un abbraccio, non abbiamo paura di abbracciare e baciare il crocifisso: non è contagioso! E se dal nostro cuore sentiamo nascere un’emozione o una lacrima, niente paura: è il segno che il nostro cuore funziona ancora.
In questi giorni, che speriamo e preghiamo possano essere archiviati in fretta, forse alcune cose ci hanno colpito più di altre, e allora proviamo a ricercarle in quel racconto di eterno e sempre vivo amore che è la Passione di Gesù. Provo a dirne solo quattro.

  • Certamente ci ha colpito il dolore di tanta gente, il grido di una umanità sofferente, un fiume di lacrime che il più delle volte ignoriamo solo perché sono dall’altra parte del mondo e che ora invece siamo costretti a navigare insieme. Somigliamo tutti a Pietro che «uscito fuori, pianse amaramente» (Mt 26, 75). «Una tradizione orale molto antica racconta che Pietro non smise più di piangere durante tutta la vita, al punto che fino ad oggi nell’icona di Pietro si evidenziano in genere due solchi più chiari che scendono lungo il volto, a indicare il continuo flusso di lacrime di pentimento che caratte-rizza Pietro» (Innocenzo Gargano). Non c’è niente di cui vergognarci. Nella prova ci scopriamo tutti fragili e frangibili, tutti deboli; non è il tempo di cercare chi accusare per le nostre tristezze, è il tempo di piangere con chi piange. Preghiamo perché il nostro pianto ci possa lavare gli occhi e aiutarci a vedere meglio il prossimo, e se ne abbiamo la possibilità non tratteniamoci nell’asciugare qualche lacrima.
  • Certamente, almeno se abbiamo un minimo di sangue nel cuore, ci hanno colpito i tanti malati e i tanti morti: tanti piccoli crocifissi nella cronaca della storia. Come non vedere in ciascuno di loro l’immagine vivente di quel certo Simone di Cirene (Mt 27, 32), costretto a portare una croce non sua? Nessuno di questi ha avuto una colpa particolare se non quella di “passare di là” e incrociarsi con un esserino invisibile ma letale. A tutti coloro che soffrono va la nostra preghiera; a tutti coloro che soffrono e che offrono, unendosi alla passione di Gesù, va il nostro infinito grazie.
  • Evidentemente, questa pandemia ci ha spogliato di tante nostre sicurezze, il più delle volte apparenti. Quanto è accaduto ha messo a nudo tutte le nostre fragilità: sia quelle nazionali, come la mancanza
    di lavoro stabile soprattutto al sud, o le carenze strutturali come quelle sanitarie, o un sistema econo-mico fragile; ma anche quelle personali, come i nostri egoismi e le nostre paure. Insomma…, siamo stati «spogliati delle vesti» e messi a nudo: proprio come Gesù in croce; quel Gesù la cui nudità sulla croce abitualmente copriamo per un po’ di pudore, ma che invece era totale. Di certo tutti ricordiamo di Adamo ed Eva che nel paradiso terrestre «erano nudi, ma non provavano vergogna» (Gen 2, 25), e di come invece dopo il peccato si nascondono perché vedono la loro nudità. Abbiamo «paura di venire spogliati di ciò con cui abbiamo voluto rivestire la nostra vulnerabilità e incompletezza» (Car-dinal Vicario di Roma 27 febbraio). È bene che Gesù sulla croce ci vada nudo. E noi, da questa nostra nudità, possiamo non solo vedere tutto il bello di cui siamo capaci, ma anche imparare a rivestirci di bene: «Rivestitevi, dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di bene-volenza, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza» (Col 3, 12).
  • Infine, siamo stati di certo colpiti dall’amore e dal servizio eroico di tanta gente; e non pochi di essi hanno pagato con la vita: operatori sanitari, volontari e anche sacerdoti. È quella santità del quotidiano di cui tanto parla Papa Francesco: fare ogni giorno del proprio meglio, servendo l’altro prima che sé stessi. Mi sembra di poter vedere in tutti loro l’immagine di Maria che pur sofferente resta presso la croce. «Se sul Calvario, presso la croce di Gesù, c’era Maria sua Madre, vuol dire che ella era a Gerusalemme in quei giorni e, se era a Gerusalemme, allora ha visto tutto, ha assistito a tutto. Ha assistito alle grida: “Barabba, non costui!”; ha assistito all’Ecce homo, ha visto la carne della sua carne flagellata, sanguinante, coronata di spine, seminuda davanti alla folla, sussultare, scossa da brividi di morte, sulla croce. Ha udito il rumore dei colpi di martello e gli insulti: “Se sei il Figlio di Dio…”. Ha visto i soldati dividersi le sue vesti e la tunica che lei stessa aveva forse tessuto» (Canta-lamessa 28 febbraio). Chiunque abbia una minima consapevolezza di cosa voglia dire essere madre, comprende che Maria è morta per stare sotto la croce, per non essere fuggita come altri discepoli. Proprio come tanti eroi di questi giorni. Di certo sarà stata proprio Maria in persona ad averli accolti in cielo con tutti gli onori del caso. «Sul Calvario, ella non è solo la “Madre dei dolori”, ma anche la “Madre della speranza”» (idem).
    Carissimi, come ricordava un antico Papa «È cosa nostra ciò che giacque esanime nel sepolcro, che è risorto il terzo giorno, che è salito al di sopra di tutte le altezze alla destra della maestà del Padre. Ne segue che se camminiamo sulla via dei suoi comandamenti e non ci vergogniamo di confessare quello che nell’umiltà della carne egli ha operato per la nostra salvezza, anche noi saremo partecipi della sua gloria» (san Leone Magno Papa).
    Viviamo con amore e fede questa Settimana Santa. Presto verrà la Pasqua. Presto usciremo, speriamo da risorti e senza più addosso la puzza di sepolcro.
    Un abbraccio a tutti e a tutti porto il saluto, gli auguri e la benedizione del nostro Vescovo.

Don Mauro

Don Mauro Guida è il nostro nuovo parroco!

Mercoledì pomeriggio, durante la Messa Crismale il vescovo Mandara ha annunciato il nome del nostro nuovo parroco: è don Mauro Guida.

Don Mauro è nato il 21 dicembre del 1971 (ricordiamoci la data così gli facciamo gli auguri!!), ordinato sacerdote da S.E. Mons. Boccaccio il 18 luglio del 1998, è stato viceparroco al Duomo di Monterotondo, poi viceparroco qui a Poggio Mirteto, Rettore del Seminario di S.Valentino,  parroco a  Toffia e Fara Sabina, poi a Monterotondo Scalo, a Casperia e Roccantica ed infine, prima di questa nuova missione, a Montelibretti.

Diamo il benvenuto a lui pregando il Signore affinché possa esercitare il suo ministero con passione, semplicità e gioia.

Nella preghiera ricordiamo anche don Giuseppe che il Padre ha richiamato a sè lo scorso 5 aprile, ringraziandolo per quanto seminato nella nostra parrocchia in questo tempo trascorso insieme.