Veri o falsi. Omelia del 29 agosto

Martirio di san Giovanni Battista

Oggi siamo qui per celebrare e festeggiare il martirio di san Giovanni Battista.
La parola martire, vuol dire testimone. Il martire è colui che testimonia la sua fede in Gesù davanti alla morte: o rinneghi la tua fede in Gesù e vivi, o testimoni Gesù e muori. I primi testimoni sono gli Apostoli, sono chiamati “testimoni oculari”, cioè hanno visto Gesù vivo, hanno visto Gesù morto, e hanno rivisto Gesù risorto; e davanti alla morte, pur di non rinnegare Gesù risorto hanno subito il martirio. Poi ci sono tutti i “testimoni della fede”, cioè quelli che non hanno visto Gesù, ma hanno creduto in lui, e lo hanno preferito alla vita stessa; questi martiri durano ancora oggi, con un fiume ininterrotto di sangue versato per la fede.

Noi abbiamo la non trascurabile fortuna di non subire persecuzione; una fortuna che una infinità di persone non hanno; e allora la nostra fede dovrebbe crescere florida e rigogliosa, senza ostacoli, arrivare ovunque. E invece guardandoci attorno vediamo che non è così: la nostra fede, qui e oggi, tra di noi, sembra come spenta, come assopita, come la terra che ha subito questa forte siccità. L’indifferenza, l’odio, la cattiveria, il pregiudizio, la divisione, la calunnia… prosperano tra di noi.

Facciamoci aiutare allora da due figure qui presenti stasera.

Una è quella di sant’Antonio Abate, il primo grande santo non martire, che ci ricorda che il martirio ha tante forme e consiste in una lotta quotidiana contro il male e contro la tentazione. Non serve per forza versare sangue per essere di Gesù, basta – e lo ridico ancora una volta e lo ripeterò tante e tante volte per il tempo che passeremo insieme – basta farsi carico delle offese, dei torti, e delle umiliazioni che riceviamo, senza rimetterle in circolo amplificate; bisogna diffondere bene e amore e non odio e maldicenze.

La seconda figura che ci viene in aiuto e proprio il festeggiato: san Giovanni Battista. L’episodio della sua morte lo abbiamo appena riascoltato nel vangelo; a san Giovanni non è stato chiesto di rinnegare la fede, ma è stato chiesto di tacere la verità, di non dire più ciò che è giusto e ciò che è sbagliato: è un martire della verità; ha chiamato le cose con il loro nome: giusto o sbagliato, vero o falso. Noi magari non siamo come Erode, anche se forse non lo siamo solo perché non ne abbiamo la possibilità; ma certamente tante e tante volte siamo come i suoi commensali, che stanno li zitti zitti senza dire niente o facendo finta di niente. Non è forse vero che le nostre espressioni più ricorrenti sono: «Ma che male c’è? Ma gli altri fanno peggio! Ma in fondo non faccio del male a nessuno! Ma ormai tutto il mondo è così! Ma è solo un vizio non è più un peccato! Ma basta che c’è amore! (tanto la parola amore la mettiamo ovunque)…»; e la differenza tra le cose non esiste più, non si può più dire questo è giusto e quest’altro è sbagliato, perché non si vuole offendere la libertà degli altri o il loro diritto di fare ciò che vogliono. No! l’uomo è libero se può scegliere il bene, non se può scegliere il male, perché bene e male non sono la stessa cosa; l’uomo è vero se può avvicinarsi il più possibile alla verità, non se può costruirsi una verità tutta sua, anche se è falsa.

Oggi scegliamo se essere testimoni della verità, come san Giovanni Battista, o testimoni della falsità e dell’inganno, come Erode e i suoi; e la differenza è spesso sottile.