L’Eco del 7 Maggio

Carissimi,
è con un po’ di emozione che scrivo su questo “Eco del Campanone”. L’emozione è dovuta a due motivi: il primo è che su questo foglio hanno scritto persone illustri, uno fra tutti il caro don Giuseppe Mancini, che per tanti anni vi è stato padre e amico; il secondo nasce dalla consapevolezza che da questo foglio potrò raggiungere molti di voi, forse più di quelli che ascolteranno la mia voce in chiesa; questi due motivi mi danno gioia ma anche responsabilità.
Ora che ho iniziato il mio cammino insieme a voi desidero, prima di ogni altra cosa, fare dei ringrazia-menti e dei saluti.
Desidero ringraziare don Franco e gli altri sacerdoti (don Sebastiano, don Pierluigi, don Antero, don Alberto, don Lorenzo): mi hanno accolto, incoraggiato, aiutato, e lo faranno spero il più a lungo possibile. In modo particolare don Franco che ha portato il peso di questi mesi e che sta portando il peso di questi primi giorni, per me di confusione e di lento adattamento; lui e gli altri hanno dato e stanno dando un bellissimo esempio di cosa vuol dire essere “umili operai della vigna del Signore”.
E desidero salutare in modo speciale i malati che spero di andare a trovare presto: loro possono svolgere il servizio più prezioso di tutti che è la preghiera e l’offerta di se; e un secondo saluto lo rivolgo a chi ci guarda dal cielo: i due don Giuseppe, di cui indegnamente prendo per un po’ il posto, in attesa di rag-giungerli. Non posso fare a meno di ripetere le parole che tante e tante volte ha ripetuto uno di loro e che è stato il primo che sono andato a trovare e a salutare dopo aver saputo della mia nomina: “Tutto io posso, in virtù di Colui che è la mia forza”.

Don Mauro